di Franco Cesati Editore
Parole stampate su carta e caratteri digitati in una timeline. Lo scaffale e la schermata home dello smartphone. Il ritmo lento della lettura e la velocità dei 140 caratteri su Twitter. Libri e social network sembrano mondi distantissimi, quasi in opposizione. È uno dei primi pensieri che può venire a chi si appresta a parlare di letture e scritture sui propri spazi online. Eppure le sorprese non mancano.
Da qualche tempo ci siamo messi di impegno sulla nostra pagina Facebook e sull’account Twitter con poesia, letteratura, linguistica e tutti gli altri temi delle nostre pubblicazioni. La conversazione online è qualcosa di affascinante e misterioso: a volte un tweet o un post che sembrano interessantissimi non riescono a coinvolgere, altre volte contenuti impegnativi e densi diventano virali in poco tempo.
È successo, ad esempio, qualche settimana fa quando abbiamo fatto un tweet in occasione della morte di Zygmund Bauman (guarda il tweet) che parlava della solitudine e della lettura come necessità per dare senso e sostanza alla comunicazione. Così come il 10 dicembre, anniversario della morte di Pirandello, quando abbiamo pubblicato una frase dello scrittore (guarda il tweet) sul suo animo artistico eclettico. Entrambi i contenuti hanno saputo cogliere l’interesse di numerosi utenti, anche arrivando molto al di là dei nostri follower.
Di tanto in tanto poi online avviene qualcosa di speciale. Come è successo con la storia di Robert Rüegg (guarda il tweet), studioso dimenticato e rifiutato all’epoca dai suoi maestri, le cui ricerche sono oggi un punto di riferimento per la linguistica. Certo, non ha avuto la stessa diffusione di Pirandello e Bauman, ma pensare che la storia di questo riscatto postumo si sia diffusa oggi anche attraverso Twitter e Facebook ci ha dato una certa emozione.
La nostra è un’esperienza limitata e i nostri numeri online non sono esplosivi, ma questi segnali ci sembrano dire qualcosa su quanto la cultura possa trovare online spazio significativo.
Spesso sentiamo parlare di pericoli del web, delle notizie false e dei disagi legati alla superficialità delle interazioni. Dal nostro limitato punto di vista ci sembra che ciò debba spingere ognuno a fare del suo meglio, a cominciare dal suo piccolo. Soprattutto per coloro che, in un modo o nell’altro, lavorano nel campo della cultura. Dall’altra parte, infatti, per quanto attraverso la mediazione della tecnologia, ci saranno sempre esseri umani liberi, pronti a incontrare l’ispirazione se raggiunti da contenuti validi. Online tanto quanto offline non si esaurirà mai la domanda di senso.
Si tratta di mettersi di impegno e saper trarre dalle scritture dei grandi qualcosa di significativo per proporlo
all’uomo d’oggi in forme adeguate. Come pazienti “nani social” sulle spalle di giganti.