di Franco Cesati Editore
È possibile dissentire senza litigare?
In una conversazione pubblica, che sia online o offline, scritta o a voce, occorre sempre ricordare i due piani su cui si muove la comunicazione: quello del contenuto di ciò che si dice e quello della relazione con l’altro (o con gli altri) con cui si parla.
Se in un grafico si mettessero il contenuto sull’asse delle ascisse e la relazione su quello delle ordinate, si potrebbero osservare i diversi modi con cui si può gestire una conversazione:
- il litigio: quando si discute contrapponendosi, il legame con l’altro si interrompe (si perde qualcosa nella relazione) e, di conseguenza, si finisce per non proseguire nel confronto, rinunciando ad affrontare la questione da cui la conversazione era partita (una perdita di contenuto);
- il politicamente corretto: per non entrare in conflitto (conservare la relazione) o non urtare la suscettibilità dell’altro, si evita il merito del confronto (perdendo qualcosa sul piano del contenuto).
- il rigore razionale/scientifico: nei discorsi fondati scientificamente, la correttezza del metodo e del merito del discorso (quindi il valore del contenuto) prescinde dall’accettazione e dalla comprensione da parte dell’altro (e quindi la relazione conta fino a un certo punto).
In tutte queste modalità alla fine il confronto si perde: o per difetto di contenuto o per difetto di relazione. Esiste allora un modo per confrontarsi fino in fondo curando allo stesso tempo il rapporto con l’altro?
Questa modalità di comunicazione dovrebbe assumere l’aspetto di una disputa che vuole risolvere un dilemma, ma che si svolge con gusto e soddisfazione da parte dei contendenti, costruendo amicizia e collaborazione al di là delle differenze di vedute.
È la #disputafelice. Una possibilità di confronto quantomai utile oggi, in un mondo di differenze che si incontrano e si scontrano sui social network e sui media.
Un’utopia? Non resta che capirlo sfogliando il testo di Bruno Mastroianni.