di Franco Cesati Editore
Le parole di Dante di Giorgio Petrocchi è stato presentato a Firenze il 17 giugno, al Museo Casa di Dante. A parlare del volume c’erano la curatrice, la professoressa Francesca Petrocchi, il professor Michelangelo Zaccarello, curatore della collana cui il volume appartiene, Silvano Fei e Leonardo Cappelletti, rispettivamente presidente e il vicepresidente dell’Unione Fiorentina Museo Casa di Dante, che hanno moderato l’incontro. Riportiamo alcune parole di Francesca Petrocchi e Michelangelo Zaccarello.
«Non ero sicura di voler pubblicare queste carte. La morte improvvisa non ha dato a mio padre la possibilità di riordinare il suo archivio, carte scritte a macchina o a mano. La cartellina delle Parole di Dante era molto ordinata, con diverse integrazioni a mano. Mi sono resa conto che era un testo datato, di un’epoca in cui sulla Rai si cercava di divulgare l’opera di Dante. Dante in tv aveva avuto molto successo, le trasmissioni che coinvolsero mio padre furono rimandate in onda nelle settimane alla fine del 1988, nella fascia oraria prima del telegiornale. Capitava anche a me di rivederle. Quando a febbraio papà morì – le trasmissioni si erano chiuse prime di Natale –, arrivarono molto messaggi dalle carceri, dagli ospedali, gente comune che scriveva di non conoscerlo, se non attraverso la tv, ma che aveva seguito il programma con piacere. Ho capito che forse valeva la pena tirare fuori questo primo tentativo di mediazione e mi sono resa conto che lui non scriveva non soltanto il commento, ma anche indicazioni su quali immagini mandare in onda, immagini che dovevano integrare il brano e varie indicazioni relative ai suoni di sottofondo. Cioè faceva le veci di figure che oggi sono mestieri ben delineati, in televisione, ma forse all’epoca non c’erano ancora. Alla Rai non hanno trovato materiale, credo che questo facesse parte di un progetto che non è stato portato a termine. Le immagini erano diapositive proiettate in una sala di registrazione. Lo sforzo era quello di dover passare dal discorso critico degli studi personali per un pubblico di addetti all’adattamento per le esigenze di un pubblico più amplio, di massa. In seguito un collega mi fece avere degli spezzoni di filmati delle letture pubbliche di Dante. Dell’archivio di mio padre, è stata riordinata la corrispondenza con Gianfranco Contini. Ci sono molti scritti inediti, non solo danteschi, e documenti che riguardano l’università, da cui si intuisce che in quel periodo si rifletteva su cosa dovesse essere il dottorato di ricerca».
Michelangelo Zaccarello ha aggiunto: «Noi studiamo quotidianamente i testi di Giorgio PeEtrocchi, a partire all’edizione critica della Commedia cui tutt’ora facciamo riferimento per gli apparati, che sono ancora i più articolati. Le nuove autorevoli ipotesi sulla Commedia non hanno minimamente spostato la priorità del testo di Petrocchi. La grande impresa dantesca dello studioso tende a mettere in ombra altri aspetti della sua attività di filologo. Aveva la straordinaria capacità di usare un linguaggio diretto, immediato, con umiltà. Per questo motivo raggiunse persone con una cultura modesta come poteva essere negli anni Sessanta. Per le letture televisive scelse canti noti e meno noti, che spesso a scuola vengono saltati; riuscì a rendere il ritmo narrativo della Commedia e lo stile di Dante».
L’incontro non poteva prescindere dal ricordo di Giorgio Petrocchi, come persona e come studioso – non solo su Dante – e per confermare la straordinaria importanza che i suoi studi sulla Commedia hanno ancora oggi.